giovedì 17 aprile 2008

ACQUA, UVETTA E... DIO

Claudia, una francese di quarantatré anni, proprietaria di uno yacht di undici metri di lunghezza, partì da sola dalla Nuova Zelanda, in rotta per il Giappone.
La partenza fu all'insegna dell'entusiasmo e dell'ottimismo. Tuttavia, la sfortuna si accanì contro il panfilo; un uragano si abbatté sull'imbarcazione, gli strumenti di navigazione si guastarono e i venti dell'uragano spezzarono l'albero; infine, a prua, all'improvviso emerse uno scoglio. Claudia descrive così quel momento: "Ebbi solo il tempo di riempire d'acqua una bottiglia, prendere alcuni acini di uvetta, gettarmi nella scialuppa di salvataggio e... sperare in Dio".
Claudia stette alla deriva nel Pacifico per molti giorni, soffrendo indicibili peripezie. Razionò accuratamente l'acqua e l'uvetta, e non smise mai di lottare e di credere in Dio.
La mattina del ventesimo giorno della sua odissea, la navigatrice solitaria approdò a Tanga, in Nuova Guinea. Le era rimasta ancora un po' d'acqua e alcuni acini di uvetta, era molto debole, ma non aveva mai perso la fede in Dio.
Purtroppo, non si naufraga solo in mare o negli oceani. Di tutti i 'naufragi' che ci sono nella vita, quello che causa tanta sofferenza è il naufragio di un matrimonio. In questo caso non è mai una sola persona a pagarne le conseguenze, ma a soffrirne sono i due coniugi e, nella maggioranza dei casi, i figli che rappresentano le vittime innocenti.
A volte i nostri dolori sono insopportabili ma Dio attende solo che Gli chiediamo aiuto. Cristo può ridare un senso alla nostra vita distrutta, attende solo il nostro grido d'aiuto.

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